Promessa e Sacrifico, parte quarta

Parte quarta: Tristezza

Con la mente poteva percepire tutto ciò che gli accadeva intorno: sentiva i suoi compagni combattere strenuamente; sentiva quegli esseri oscuri cadere sotto i loro colpi; sentiva la paura, poco distante, sempre più debole, continuare invano il suo attacco alle difese che stava costruendo intorno all’amica; sentiva la rabbia, spaventosa e terrificante, crescere sempre di più e ciò lo preoccupava…doveva sbrigarsi.

Una freccia nera come la pece sibilò nell’aria e colpì la caviglia del ragazzo in nero che volava poco sopra gli alti alberi e si stava preparando ad un altro attacco dall’alto. Il dolore fu lancinante:
– Ma proprio lì dovevate colpire! Ho da poco tolto il gesso! –
Finì senza accorgersene a sbattere contro la cima di un pino che all’ultimo momento non riuscì a schivare e precipitò rovinosamente tra gli alberi.
Cadde sul terreno soffice e umido, coperto di muschio, poco lontano dalla battaglia.
– Ci mancavano solo gli arcieri! Certo che ‘sto tizio ha proprio una gran bella fantasia nel prendere forma! – disse mentre cercava a fatica di valutare i danni e rimettersi in piedi.
Un altro sibilo, e una freccia andò a conficcarsi nella corteccia dell’albero proprio dietro di lui; lo avevano trovato.
– E datemi almeno il tempo di riprendermi! Non è leale così! – le ali e lo strano potere di prima erano spariti nella caduta, mentre il bastone era chissà dove in mezzo alla battaglia a combattere da solo. Era indifeso, aveva bisogno di un attimo per rimettersi in sesto e per giunta la caviglia sembrava essersi rotta nella caduta, di nuovo.
Posò una mano dove gli faceva male; la freccia si era già staccata da sola nell’urto dopo il colpo, si concentrò e chiuse un attimo gli occhi, regolò il respiro e il battito, poi distolse l’attenzione dal dolore e focalizzò il pensiero su qualcosa di bello e felice: una bellissima spiaggia affollata, in un afosa giornata d’Agosto, bagnata da un limpido e cristallino mare calmo e piatto. L’incantesimo di guarigione ebbe subito inizio, mentre una pioggia di frecce gli calò addosso dall’alto.

L’ala immensa e bianca, cosparsa da venature azzurre si allontanò dal corpo del ragazzo che aveva protetto respingendo le frecce e permettendogli di portare a termine la cura della ferita.
– Grazie – disse lui con un occhiolino rivolto all’amico, che lo ricambiò con un sorriso di assenso.
– Sei di poche parole oggi, vedo… beh in ogni caso visto che sei qui perché non mi dai una mano, anzi una spinta, per abbattere quello? – disse indicando con un cenno della testa un enorme drago nero che si stagliava nel buio della notte sopra di loro e sembrava essere in procinto di sputare fuoco proprio nel esatto punto in cui si trovavano. Oltretutto erano ormai completamente circondati dal battaglione di arcieri che li aveva raggiunti ed era pronto a scoccare da un momento all’altro un nuovo sciame di frecce.
Il giovane in bianco allora, mentre con un rapido gesto della mano rispediva le frecce al mittente disintegrando in un attimo il piccolo esercito, prese la rincorsa e spiccò un grosso balzo; lo stesso fece l’amico e quando si scontrano a mezz’aria, lo afferrò per i piedi e iniziò a farlo roteare per caricare il lancio mentre lui gridava ed esultava divertito, con le mani strette al petto.
– E’ sempre divertente farlo – disse sorridendo, spiccicando finalmente qualche parola.
– Ah ma allora non ti hanno mangiato la lingua! Comunque…sono assolutamente d’accordo! – gli rispose l’amico ridendo.
Fu un attimo; venne lanciato ad una velocità impressionante verso il drago, allargò le braccia per richiamare il proprio bastone, iniziò a roteare su se stesso e, afferrato il bastone, allungò lo stesso davanti a sé, formando un vero e proprio proiettile perforante umano capace di penetrare le dure scaglie del drago e ucciderlo all’istante con un colpo al cuore.

Il ragazzo in bianco riatterò e senza nemmeno riprendere fiato, riprese a correre, diretto verso l’amico che stava proteggendo la ragazza, difeso solamente dai rami degli alberi della foresta. Si aggrappò ad uno di essi e si fece trascinare per qualche metro facendosi sollevare verso i rami più alti. Si muoveva con scattante, praticamente fulminea, agilità, saltando da un ramo all’altro mentre colpiva i nemici con piccoli pugnali da lancio creati dalla magia e che ruotavano sospesi intorno alle sue mani.
Ad un certo punto intravide tra i rami tre Erinni avvicinarsi e immediatamente spiccò un balzo per portarsi al di sopra del fitto della boscaglia in movimento e avere una visuale migliore. Ne intravide una e, ancora a mezz’aria, materializzò tra le sue mani un lungo e bellissimo arco elfico, incoccò, roteò su se stesso, trattene per un attimo il respiro e scagliò la freccia che colpì con precisione alla testa la furia.
Atterrò poi sul ramo esattamente alle spalle della seconda, prese la mira, fischiò per attirare l’attenzione e, un attimo dopo essersi girata, la furia già precipitava verso il suolo colpita alla testa da una lunga freccia dalla punta di zaffiro.
Fu della terza che il ragazzo non si accorse in tempo e che quindi riuscì a colpirlo alle spalle con la sua spada; una lieve ferita alla spalla, che gli fece perdere l’equilibrio e lo fece cadere al suolo.
– Questo non è leale però! – gridò mentre rotolava su se stesso disteso a terra, in modo da evitare il nuovo colpo della furia. La spada si conficcò nel terreno e prima che potesse estrarla, il giovane là fissò con i suoi intensi occhi completamente azzurri e, come esercitando un controllo sulla sua volontà, la indusse a fare lo stesso. Un attimo dopo lo sguardo di lei lo fissava ancora, ma era vuoto, e poco sotto, il collo era spezzato.
Si rimise in piedi e, neanche il tempo di rimettere in sesto la veste, che si accorse di essere osservato da lontano da un enorme cavaliere armato di scudo e lancia, su di un altrettanto enorme cavallo nero. I due si guardarono per un istante e poi entrambi iniziarono a correre l’uno verso l’altro, la lancia del cavaliere puntata in avanti, i palmi del ragazzo aperti e rivolti verso l’alto. Su entrambi comparvero improvvisamente due sfere di fuoco e, un attimo dopo, il ragazzo atterrava alle spalle del cavaliere, che invano aveva cercato di contrastare la magia con lo scudo. Comparvero le ali e con un solo battito, le fiamme vennero estinte; l’oscuro cavaliere disarcionato giaceva atterra, morto, la sua lancia poco distante. Questa volta il giovane vestito di bianco non ebbe i riflessi abbastanza pronti e la lancia, come mossa da vita propria, si sollevò da terra e si lanciò ad impressionante velocità contro di lui, ancora di spalle, diretta al cuore.

La lama cozzò contro l’oscura materia di cui era fatta la lancia, senza produrre alcun rumore, e questa ricadde al suolo spezzata in due.
Il ragazzo in bianco girò la testa e vide l’amico esattamente dietro di lui, schiena contro schiena.
– Dovresti fare un pochino più di attenzione – sorrise beffardo.
– Sapevo di poter contare su di te, quindi mi ero concesso un attimo di riposo –
– Ero impegnato con lo scudo… –
– Se sei qui vuol dire che avevi finito –
– Non fa una piega –
– E poi, avevo anche calcolato che ormai dovevi aver finito, sei lì da un’eternità! Ancora un po’ e avrei iniziato a credere che non fossi più capace di fare quell’incantesimo… –
– Sapevo di poter contare su di te, quindi me la sono presa comoda – rispose imitandolo.
Uno strano rumore, come un ronzio, attirò la loro attenzione e li fece interrompere. Uno gigantesco sciame di locuste stava puntando dritto nella loro direzione; ma c’era qualcos’altro di strano: il loro colore. Non erano nere come tutte le altre creature, ma di un vivido rosso rabbioso. Si guardarono intorno e videro che tutto l’esercito oscuro aveva mutato colore e ora sembrava molto più forte. Gli sguardi dei due ragazzi si incrociarono per un attimo, entrambi avevano capito: la rabbia era scoppiata in tutta la sua temibile potenza.

Il ragazzo in nero li aveva raggiunti da poco e ora si trovavano tutti e tre insieme, accerchiati da ogni lato.
– Prima pensiamo a quegli insetti schifosi, poi ci occuperemo di tutti quegli altri… orripilanti bambini troppo dopati – disse il ragazzo in grigio riferendosi a un vero e proprio esercito di bambini deformati e super muscolosi che li circondavano urlando e frignando rabbiosi – Sapete cosa fare – concluse girandosi a guardare i propri amici.
Conficcò la sua spada nel terreno, chiuse gli occhi e si concentrò; dalla terra sotto i loro piedi le radici degli alberi iniziarono a crescere verso l’alto creando un vero e proprio muro difensivo tra loro e i bambini, i quali non esitarono a lanciarsi subito contro di esso, strappando furiosi i rami e cercando di aprirsi un varco.
– Muovetevi, non resisterà a lungo! –
Il ragazzo in bianco allora si inginocchiò e portò la mano vicino alla bocca, aperta e con il palmo rivolto verso il cielo. Il compagno in nero si dispose esattamente dietro di lui e iniziò a far roteare davanti a sé il bastone, sempre più veloce, creando un vortice d’aria.
– Aspetta… aspetta… – disse; le locuste erano sempre più vicine. – ORA! – gridò e l’amico soffiò sul palmo dando vita ad una fiammata che venne immediatamente espansa dal vento e investì lo sciame.
Intanto dietro di loro i bambini deformi erano riusciti a creare una breccia nel muro di radici e si lanciarono contro il ragazzo in grigio. Lui però non si fece trovare impreparato e, immobile, con gli occhi accessi di un lucente verde scuro fissi davanti a sé, sollevò una mano dal pomolo della sua spada con indice e medio puntati verso l’alto; alle sue spalle una schiera di spade affilatissime si alzò in volo e, quando abbassò le dita, schizzarono contro quelle spaventose creature pronte a trafiggere i loro corpi sformati… ma colpirono solamente terra e sassi… improvvisamente ogni essere di quell’infinito esercito era scomparsa nel nulla.
Tranne due.

Si schiantarono tutti e tre violentemente contro gli alberi e ruzzolarono per terra, completamente sfiniti e senza la minima forza di rimettersi in piedi. Poco distante una giovane donna vestita con un lungo abito viola che si vedeva perfettamente anche nel buio della notte, quasi emanasse luce propria che illuminava tutta la piccola radura della medesima tonalità violacea, stava in piedi, impassibile, completamente immobile in volo a pochi centimetri dal suolo, il braccio sinistro testo ancora in avanti; era stata lei a lanciare l’incantesimo di schianto.
Per quanto esternamente fosse perfettamente riconoscibile, tutti e tre sapevano benissimo che non era lei, non più per lo meno. Lo sentivano, anzi, non la sentivano. E ne avevano paura.
– Ammirate cotanta bellezza e perfezione – a parlare era stata una misteriosa figura poco dietro di lei, ancora nascosta tra gli alberi, la stessa oscura presenza che avevano incontrato al loro arrivo e che ora, uscendo lentamente dalla penombra, si palesava nella sua vera forma ai loro occhi: un lunghissimo mantello nero, opaco e scuro come la notte più buia, cadeva da spalle esili e quasi invisibili, ed era un tutt’uno con l’abito che strisciava silenzioso per terra e il cappuccio che mascherava completamente il suo volto, se non per un lucentissimo sorriso giallognolo che si poteva intravedere, lucente come il nero della pelle che le mani mostravano uscendo dalle larghe maniche che ricadevano inerti lungo il corpo. Si muoveva senza alcun rumore, come un fantasma.
– La mia piccola creatura, la mia creazione, il mio capolavoro! – ogni sillaba suonava terrificante, accentuata dal luogo quasi surreale, e dall’amica, così inquietante ferma davanti a loro, affascinante e tenebrosa in quel vestito, orrenda e spaventosa, a causa del suo viso, sfigurato in un orrenda faccia impaurita e pietosa, pietosa da far paura – Ho cercato a lungo il soggetto più adatto, e anche quando l’ho trovata non è stato per niente facile, lo ammetto, questa giovane ragazza è stata un osso duro. Ma a parte qualche piccolo contrattempo, come voi per esempio, ora ho finalmente portato a termine il mio lavoro, ho sfruttato l’emozione primaria, la paura, di questo adorabile bocconcino, e ho lasciato che semplicemente venisse liberata e prendesse il sopravvento, facendo si che diventasse lei stessa, pura paura – .
– Ed è qui che ti sbagli – lo interruppe il ragazzo in bianco, rimettendosi in piedi con grande sforzo; quell’essere si girò di scatto verso di lui, poi la ragazza fece lo stesso, e mentre lo fissavano, ad un tratto gli sembrò di perdere ogni forza, e ricadde a terra sfinito.
– Non osare interrompermi umano, e soprattutto stai al tuo posto, per terra, quando vuoi rivolgermi la parola –
– Ti sbagli – continuò il ragazzo ignorandolo – perché non è la paura la sua emozione primaria, come molti, lei compresa pensano. Forse lo è a volte, ma quello che veramente la contraddistingue, è la gioia, la gioia di vivere, che esprime con una forza e una volontà che raramente ho trovato nelle persone, un coraggio che va ben oltre ogni paura che può avere, e che dimostra in ogni sfida e ostacolo che la vita le pone davanti tanto spesso, affrontando tutto con un sorriso, sempre. Ne sono certo, perché io stesso l’ho imparato da lei. – quasi lacrimava per l’immenso sforzo e per le parole che stava dicendo, e per un attimo, gli parve di scorgere qualcosa della vecchia lei in quegli occhi spaventati e spaventosi, paura e coraggio, una richiesta d’aiuto e un ringraziamento; una lacrima invisibile.
– Ha ragione – disse il ragazzo in grigio.
– Si – confermò il ragazzo in nero.
– E non ti permetteremo – riprese il ragazzo in grigio – di portarle via questo dono. Non possiamo, non posso, lasciartelo fare – con grande sforzo si sollevò sui gomiti e si mise poi in ginocchio, le mani poggiate aperte sull’erba umida e fredda; radici sotterranee iniziarono a muoversi da quel punto fin sotto i piedi dell’amica – Ho fatto una promessa ad un persona speciale un giorno tanto tempo fa – e così dicendo guardò per un attimo l’amico in bianco che sapeva bene di cosa stesse parlando, era accanto a lui quando accadde, vicino a quell’uomo tanto importante per tutti loro – Ho promesso che l’avrei sempre protetta, l’ho giurato. Lei è un po’ la mia piccola sorellina, fin da bambini – la voce rotta e affaticata lasciò per un secondo lo spazio ad un amaro sorriso su quelle labbra – e bene o male credo di averlo fatto al meglio ogni giorno da quel giorno. Ma ora è il momento di mantenere veramente quella promessa, anche al costo di un sacrificio. –

– Devo convertire il processo, è l’unico modo – forse lo stava dicendo più a se stesso, che ai suoi amici, mentre loro capivano che era così e lui per la prima volta nella sua vita, li vedeva piangere.
Mai se lo sarebbe aspettato da l’uno, così euforico e allegro costantemente in ogni momento della sua vita, nè dall’altro, che sempre gli aveva detto di trovare le lacrime una delle cose più vere e belle del mondo, ma di rammaricarsi perché raramente era in grado di trovare il conforto e l’aiuto che cercava, tanto nei momenti felici quanto e soprattutto in quelli tristi, in esse.
Parlavano telepaticamente, in modo da non farsi sentire da lui e non far trasparire le loro intenzioni; mentre lo tenevano occupato nel tentare di demolire le loro difese mentali e capire cosa si stessero dicendo. Ma in questo rimanevano ancora i più forti.
– Per renderla così ha sfruttato quell’energia vitale che scorreva nello scudo e la proteggeva, e che io stesso ho creato. Quindi solo io posso salvarla riprendendomi quell’energia che ora ha solo cambiato forma, ma rimane sempre la stessa. –
Era successo proprio così: la paura aveva capito che nulla poteva contro quello scudo fatto di magia e radici, quindi aveva cambiato approccio, passando da un attacco diretto ad uno più “furbo”. Era entrata a far parte di quello stesso scudo, fondendosi con quell’energia che scorreva nel legno e andando a sostituire vita e calore, con freddo e morte; i rami si erano improvvisamente rinsecchiti e le foglie erano cadute, poi il bozzolo si era rotto. E visto che quella stessa energia in quel momento fungeva da sostentamento e cura per la ragazza, che durante gli attacchi di quella notte di fuga era stata ferita tanto esteriormente quando interiormente, la paura era riuscita a penetrare finalmente nella sua mente, cogliendola impreparata e di sorpresa, e da lì si era diffusa in tutto il suo corpo.
– Ma così facendo… prenderai solamente il suo posto! – disse il ragazzo in nero.
– Non proprio, non necessariamente – intervenne l’altro.
– L’energia che vuole riprendersi l’ha creata dal proprio cuore, non dalla propria mente, e un cuore non può reggere così tanta emozione nella sua forma più oscura, il terrore – continuò il ragazzo in bianco.
– Non reggerà infatti, più o meno… esploderà. O forse si disintegrerà. Il contrasto che si verrà a creare con le emozioni che in esso la paura incontrerà: gioia, amicizia, compassione, sacrificio, speranza, la combatteranno e nel tentativo di trattenerla e sconfiggerla, si sacrificheranno svuotando il cuore di ogni cosa e portandolo a dissolversi, oppure ad esplodere quando non reggerà più. In ogni caso, morirò. –
E così, fu.

– Prendetevi cura di lei. –

CONTINUA…

Sezione: Vola con la Fantasia, Emozioni

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Informazioni su CoseScritte

Luca Di Bartolo, nato a Milano il 22 Maggio 1996. Vive a Paderno Dugnano, nell'interland Milanese e ad ora frequenta l'ultimo anno al liceo Scientifico... ok, la cosa inizia farsi troppo seriosa... sul mio futuro? Non ne ho la più pallida idea. Mi piace leggere, mangiare, la Nutella, i videogiochi, tutto ciò che è Nerd, la musica e scrivere naturalmente! La Nutella l'ho già detta? :D

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